NON MANDIAMOGLIELE A DIRE

Cura della conversione

L’Editoriale del Presidente

Pordenone

Una Presidente deve anche avere cura di sé.

Me lo hanno spiegato persino i miei predecessori ricordandomi che, come è accaduto durante il loro mandato, il profilo psico-fisico viene messo duramente alla prova e non sempre ne esce indenne.Orietta_Antonini[1]

Non potendo usufruire, per ovvi limiti di genere (e per fortuna), di un gesto scaramantico di provato successo, ho pensato che –  insieme ad un programma cooperativo, che stiamo portando avanti con i consiglieri di amministrazione, sul rilancio della diffusione dei principi cooperativi – avevo bisogno anche di un progetto personale.

Il mio progetto di self training prevede anche lo studio dei meccanismi di difesa che ciascuno di noi mette in atto nelle relazioni. Tra questi, vi è la conversione: “uno stato emotivo di notevole intensità e non elaborato che diventa un sintomo fisico, spesso temporaneamente bloccante”.  Per dirla in breve è quando, dopo qualcosa di sgradevole, mi viene il bruciore di stomaco o altra malattia ‘psicosomatica’.  Combattiamole.

Per elaborare uno stato emotivo ci sono molti strumenti: la comunicazione è tra i meno violenti e meno onerosi. Ci vorrebbe più di un gesto scaramantico per ‘sopportare’ i molti provvedimenti e comportamenti istituzionali che subiamo ogni giorno.

Con un’azienda sanitaria (che non ha il bilancio in perdita), ad esempio, poco più di due anni fa abbiamo stipulato un contratto per la gestione di un servizio socio assistenziale; inutile fare divagazioni su una base d’asta ai limiti della povertà o della denuncia: consideriamolo il nostro contributo all’avanzo di gestione. Dopo un anno abbiamo ottenuto l’indicizzazione dei prezzi perché ci spettava, nella forma e nella sostanza, visto che era prevista per legge e per contratto, e che nel frattempo si era anche rinnovato il nostro contratto di lavoro. Dopo pochi mesi, il governo Monti ha emanato il provvedimento sulla spending review (revisione della spesa) che apparentemente pretendeva uno sconto del 5%, che noi non abbiamo concesso perché non dovevamo. Pur non avendo fatto nulla di illegale, non ci hanno dato l’Istat per l’anno successivo. Se fosse stata una competizione (ma non si gioca con i diritti sociali) avremmo detto che eravamo pari.

Nonostante la possibilità di prorogare il contratto (espletare una gara d’appalto costa molto, e non solo per chi la fa ma anche per chi vi partecipa, e tali costi dovrebbero potersi spalmare su un congruo numero di anni), l’azienda sanitaria in questione ha, evidentemente, fatto i propri conti decidendo che c’erano ‘ragioni di convenienza’ per rifare la gara. Cerca che ti cerca tra le pagine del capitolato, che è praticamente una fotocopia del precedente, ho trovato una convenienza: la quantità e qualità del servizio è la stessa di due anni fa, come pure la base d’asta.

Sento un lancinante turbamento: ho la sensazione che abbiano deciso di rifare la gara di appalto per toglierci il 2,3% di Istat concessoci poco più di un anno fa. Forse non sanno che quasi la metà di questo taglio andrà speso per rifare la gara? E’ furbizia, è visione corta, o è un obiettivo da raggiungere per la retribuzione variabile di qualche dirigente? Bisognerà appurarlo e renderlo noto!

Tutto ciò avviene mentre il governo naviga in mare agitato da un decadente vagheggino, senza sapere se attraccare al porto dell’Iva o degli F35, e nel frattempo non decide di cambiare rotta ma di aspettare.

Abbiamo a che fare quotidianamente con istituzioni che hanno dietro persone che si costruiscono obiettivi personali, palesemente in contrasto con quello che in Itaca facciamo da 21 anni:  “il perseguimento dell’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini”.

Buon compleanno a tutti noi con l’augurio di continuare a combattere le ‘conversioni’.

Orietta antonini

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